La storia della radio ha un fascino tutto suo. Lega studi di scienza e ricerca -la trasmissione via onde radio 3 la tecnologia che si sviluppa rapidamente e vertiginosamente nel corso di poco più di mezzo secolo- con elementi di sociologia e psicologia, comunicazione, conoscenza musicale, contenuto tematico, politica. Nella storiografia mondiale, la diffusione della radio come mezzo di comunicazione e medium di massa ha avuto un ruolo seminale per gli esiti di conflitti, per la propaganda politica, per l’apprendimento di notizie dal mondo e anche per l’abbattimento delle barriere culturali: per quanto riguarda la storia della radio italiana, anche questa non differisce molto dal concetto di eterogeneità di discipline coinvolte. Con un notevole extra di peso: fu un italiano, Guglielmo Marconi, a codificare ufficialmente la tecnologia che avrebbe permesso la radiodiffusione superando barriere naturali e geografiche, nonostante una sentenza negli Stati Uniti (riconosciuta solo da loro: l’ambizione di avere certi primati continuano ancora oggi) abbia assegnato il primo vero tentativo a Nikola Tesla, nel 1893. Ma la nascita della radio iniziò con i primi esperimenti scientifici molto prima delle dispute internazionali, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, anticipando di poco il periodo della seconda rivoluzione industriale.
In tutta onestà, la radio è un’invenzione europea, nel senso più contemporaneo del termine. I primissimi esperimenti sull’elettromagnetismo si devono al britannico Michael Faraday, e furono poi fissati dal matematico e fisico scozzese James Maxwell, che postulò il carattere ondulatorio della luce, dell’elettricità e del magnetismo. Due di questi tre elementi avrebbero contribuito largamente agli studi conseguenti che avrebbero portato a ragionare sulla possibilità di trasmettere qualcosa sfruttando le onde, anche se purtroppo Maxwell non riuscì a passare dalla teoria alla pratica. Le onde elettromagnetiche, dalle quali poi sarebbe nato il radiosegnale, furono invece approfondite e fissate in formule precise dal tedesco Heinrich Rudolf Hertz, motivo per cui la frequenza si indica in tutti i sistemi internazionali con il suo nome. Ed è qui che si inserisce l’italiano Guglielmo Marconi, che sfruttando le onde hertziane riuscì a concepire il primo strumento in grado di far viaggiare le lettere dell’alfabeto su ampie distanze, attraverso l’aria. Con un qual certo orgoglio, l’Italia può quindi fregiarsi di aver dato i natali a colui che avrebbe rivoluzionato ufficialmente il concetto di media, fino ad allora a malapena occupato dai primi giornali e tabloid, anche se per sviluppare davvero le sue ricerche Marconi fu costretto ad emigrare in Inghilterra. Era il 1895 e la prima trasmissione con lo zio della moderna radio, il telegrafo senza fili, cambiò il corso della storia; sei anni dopo, nel 1901, sempre Marconi riuscì a a collegare a distanza il Regno Unito e il Canada, emettendo così il primo segnale radiotelegrafico transoceanico.
In questo lasso di tempo, la radio si espande dall’Europa all’America, e arriva alla forma autentica che ne permette l’ascolto ancora oggi. L’unico problema della radio di Marconi era che non poteva trasmettere suoni, voci e musica; a intervenire su questo iniziale difetto fu Reginald Fessenden, canadese trapiantato negli Stati Uniti, che dal 1898 aveva iniziato a sperimentare sulle conoscenze di Marconi, convinto di poter far meglio dell’italiano e riuscire a mettere a punto il telefono senza fili. In un certo senso, Fessenden perfezionò effettivamente i lavori iniziali di Marconi: nel 1900 riuscì a trasmettere la voce ad una distanza di 1,6 chilometri, una vera conquista per l’epoca. Cinque anni dopo il riuscito scambio transoceanico marconiano, nel 1906 Fessenden riuscì a far ascoltare un programma di voce e musica in diffusione sulle amatoriali radio dei marconisti, gli ufficiali addetti alle radio dell’esercito e delle navi, che avevano preso il loro appellativo da Marconi. Per la prima trasmissione ufficiale, avvenuta nelle Officine Marconi di Chelmsford in Cornovaglia, ci sarebbero voluti altri 14 anni di approfondimenti. La fine della preistoria radiofonica e l’anno zero della radiodiffusione erano appena cominciati.