Riassumere la storia della radio in breve è un’impresa titanica, farlo con la storia della radio in Italia ancora di più. La prima trasmissione ufficiale non ha nemmeno un secolo, eppure gli eventi sono talmente densi di significato che sembrano richiedere molto più tempo per essere raccontati. Gli anni cruciali dello sviluppo della radiofonia in Europa si inseriscono tra i due conflitti mondiali, un periodo storico molto contraddittorio. Gli anni 20 del Novecento sono un momento fervido e intelligente sotto certi aspetti: nascono avanguardie e movimenti culturali molto importanti e la radio contribuisce largamente a tenere altissima la vita creativa in Europa e negli Stati Uniti. Il termine inglese broadcasting rappresenta appieno il significato di radiodiffusione circolare, così viene definita la possibilità di trasmissione che raggiunge le orecchie di ascoltatori sempre più attenti. La politica ne scopre le potenzialità e la renderà il più efficace strumento di propaganda della prima metà del secolo, prima dell’avvento della televisione. Ciascun paese a modo suo, ma la rivalità politico-radiofonica tra Italia e Gran Bretagna domina la storiografia con moltissimi intrecci.
Nonostante la primigenia tecnologica e la luce riflessa dell’attività pioneristica di Guglielmo Marconi (già trasferitosi in Inghilterra, manteneva rapporti intensi con il paese d’origine attraverso le sue società), in Italia ci volle il primo governo di Benito Mussolini a sbloccare ufficialmente i limiti cui era sottoposta la trasmissione radiofonica, che negli anni della Grande Guerra era stata appannaggio esclusivo degli apparati militari. La radio era stata fino a quel momento lo strumento delle comunicazioni militari, dei marconisti delle navi e degli ufficiali che si occupavano della radio per trasmettere i messaggi delle truppe da trincea a trincea. Il controllo e la legislazione radiofonica passarono al Ministero delle Poste e Telegrafi e nel 1923 debuttò la prima emittente italiana, Radio Araldo, situata a Roma e gestita dall’ingegner Luigi Ranieri, che aveva ottenuto delle concessioni speciali dall’allora ministro Giovanni Antonio Colonna di Cesarò, per le prime prove sperimentali di trasmissione. Ranieri era un appassionato di radiotrasmissioni e nel 1909 aveva fondato L’Araldo Telefonico per trasmettere musica dal vivo e notiziari attraverso linee telefoniche dedicate, grazie ad accordi con i teatri italiani; la società era fallita sette anni dopo, durante la prima guerra mondiale ma Ranieri non si era perso d’animo. Nel 1922, dopo aver studiato la tecnologia proveniente dalla Gran Bretagna, Ranieri aveva preso accordi con l’azienda britannica Western Electric che voleva battere sul tempo Marconi per le trasmissioni in Italia, e aveva intuito che il sistema dell’Araldo Telefonico avrebbe avuto molto più successo con le novità degli apparecchi radiofonici: nel 1923 nacque Radio Araldo, che di base cambiava il mezzo di trasmissione pur mantenendo i contenuti. L’anno successivo, il cambio della guardia al Ministero con l’arrivo di Costanzo Ciano (che avrebbe preferito dare le concessioni a Marconi, per prestigio internazionale) diede il via libera ufficiale alle radiocomunicazioni in Italia attraverso provvedimenti legislativi ad hoc e costruzione di infrastrutture specifiche. L’assegnazione della concessione diretta fu affidata alla neonata URI-Unione Radiofonica Italia, antesignana dell’EIAR e della RAI, la cui costituzione avvenne il 27 agosto 1924.
Nata dalla fusione tra la SIRAC (Società italiana radio audizioni circolari) di Riccardo Gualino e la SAR (Società anonima radiofono – Società italiana per le radiocomunicazioni circolari) conosciuta come Radiofono, di Guglielmo Marconi, l’URI era stata protagonista di una discreta battaglia tra concorrenti per l’assegnazione della concessione. In mancanza di accordi, Ciano aveva chiesto ai tre contendenti -Guglino, Marconi e l’ingegner Ranieri- di raggiungere un compromesso e fondare un’unica società per regolamentare l’emissione radiofonica italiana: per mancanza di capitali, Ranieri dovette ritirarsi e chiuse la sua Radio Araldo, uscendo malinconicamente sconfitto dalla storia della radiofonia italiana. L’URI di Gualino e Marconi, maggior azionista, nominò presidente della società Enrico Marchesi, ex direttore amministrativo della FIAT, mentre quale vicepresidente fu scelto Luigi Solari, particolarmente gradito a Marconi. La prima trasmissione radio in Italia si tenne il 6 ottobre 1924 a Roma, nelle stanze di un appartamento di Via Maria Cristina nel rione Prati: un concerto di musica classica dal vivo eseguito da un quartetto d’archi. Fu annunciato dalla violinista Ines Viviani Donarelli, improvvisata speaker, che probabilmente non immaginava di star costruendo la storia (i documenti delle Teche Rai svelarono solo nel 1997 che la voce del primo annuncio radiofonico era la sua: per anni si era creduto che fosse di Maria Luisa Boncompagni, in seguito diventata voce ufficiale dell’URI). L’avvio all’avventura della radio in Italia era ormai realtà: Napoli e Milano si dotarono delle proprie stazioni di trasmissione e nacque la prima concessionaria di pubblicità, la Sipra. I problemi di ascolto, tra crepitii e scoppi e segnali deboli, furono risolti nel decennio successivo. Per fermare i tentativi dei radioamatori privati, nel 1925 un decreto regio assegnò allo Stato il controllo assoluto sulle comunicazioni senza fili, creando di fatto un monopolio radiofonico che sarebbe durato parecchio. Ci vollero quasi 50 anni perché una sentenza della Cassazione cambiasse definitivamente la storia della radio in Italia. Ma questo è un altro pezzo di vita.